Ambasciatore
Augusto Rosso nasce a
Tronzano Vercellese il 23
dicembre 1885 da una
famiglia di proprietari
terrieri. Nel 1908 consegue
la laurea dopo avere
frequentato i corsi alla
Facoltà di Giurisprudenza
della Regia Università di Torino.
Il 27 aprile 1910 vince il
concorso per entrare nella
carriera diplomatica come
Addetto di Legazione. Presta
servizio, dapprima, presso
il Gabinetto di due Ministri
(Antonio di San Giuliano e
Sidney Sonnino), per poi
essere destinato a coprire
un posto di Segretario
all’Ambasciata a Washington.
Allo scoppio del primo
conflitto mondiale presta
servizio nell’Arma di
cavalleria (raggiungendo il
grado di Maggiore di
Complemento) e nel 1922
torna a Washington come
Consigliere. Nel 1925 è
Consigliere all’Ambasciata a
Londra. Nominato nel 1927
Inviato Straordinario e
Ministro Plenipotenziario di
seconda classe, è richiamato
al Ministero ove si occupa
della Società delle Nazioni
e delle riparazioni di
guerra, divenendo altresì
Delegato Aggiunto del
Governo italiano presso il
Consiglio della Società
delle Nazioni.
L’impegno per la
rappresentanza dell’Italia
presso la Società delle
Nazioni
Nel giugno 1930 è alla
guida, presso
l’Amministrazione centrale,
della Direzione Generale
“Affari della Società delle
Nazioni” dopo avere
partecipato alle riunioni
ginevrine del Comitato di
Arbitrato e di Sicurezza,
del Comitato Permanente per
le Questioni internazionali
del lavoro, della Conferenza
navale di Londra e della
Conferenza per il Disarmo. È
questo il periodo – compreso
tra il 1925 e il 1931 – in
cui le linee della politica
internazionale dell’Italia
sono tracciate da Dino
Grandi nella sua veste,
prima, di Sottosegretario di
Stato al Ministero degli
Esteri (di cui Benito
Mussolini ha l’interim) e
dal 1929 al 1932 di
Titolare. In questo lasso di
tempo, attraversato dalla
grande depressione seguita
al "giovedì nero" del 29
Ottobre 1929 della borsa
valori di New York, Grandi
adotta una linea di saggia
prudenza cercando
soprattutto di tessere e
d’intrattenere buone
relazioni con le grandi
Potenze europee (soprattutto
con il Regno Unito e con la
Francia); a tal fine egli
chiama attorno a sé giovani
talenti tra i quali spicca,
oltre a Raffaele Guariglia,
proprio Augusto Rosso. A
quest’ultimo spetta il
compito di valorizzare al
massimo la presenza del
nostro Paese nelle riunioni
del Consiglio e
dell’Assemblea della Società
delle Nazioni ed è così che
egli partecipa molto
attivamente alle discussioni
di Ginevra sugli strumenti
ritenuti più idonei a
prevenire i conflitti, dal
ruolo che la diplomazia è
chiamata a svolgere al
controllo degli armamenti.
L’incarico di Ambasciatore a
Washington
L’impegno dispiegato nei
diversi fori nei quali si
articola il lavoro della
Società delle Nazioni apre
ad Augusto Rosso nuovi e
avvincenti traguardi, che si
concretizzano il 23 agosto
1932 nella sua destinazione
negli Stati Uniti in qualità
d’Ambasciatore. Tale
missione, che si protrae
fino al giugno 1938,
coincide con un periodo
difficilissimo e pieno
d’insidie, caratterizzato,
da un lato, dall’impegno a
presentare
all’Amministrazione
americana e all’opinione
pubblica locale il “volto
buono” del regime esistente
in Italia e, dall’altro,
dall’opportunità di fornire
all’importante comunità
italo-americana l’immagine
di un Paese d’origine da
apprezzare soprattutto per
la sua cultura. Quest’ultimo
approccio si pone in netta
opposizione con i tentativi
di diffondere a scopo
preminentemente
propagandistico i fasci
italiani all’estero: Rosso
si propone anche di
istituire a New York un
Istituto di cultura italiana
privo di impronta politica e
capace di interpretare la
mentalità locale. Nel 1935
il conflitto etiopico
accentua l’avversione di
Washington verso l’Italia:
nei suoi rapporti a Roma
Augusto Rosso,
nell’osservare che il
governo italiano “non ha
fatto nulla per conservare
l’amicizia degli Stati Uniti
se non politiche che hanno
portato allo stallo dei
negoziati commerciali”,
conclude nel biasimare “il
generale disinteressamento
alle cose americane”
suscettibile di vanificare
quanto di buono c’è nel
nostro Paese. Dopo le
sanzioni comminate
all’Italia dalla Società
delle Nazioni (di cui non
fanno parte gli Stati Uniti
data la loro politica
isolazionista) a causa della
guerra in Abissinia, Augusto
Rosso s’impegna con
successo, mobilitando anche
esponenti della comunità
italo-americana (tra i quali
spicca la figura di Generoso
Pope, fondatore della
Rivista “Il Progresso
italo-americano”), per
evitare che il Congresso
modifichi ai danni
dell’Italia – in particolare
per quanto riguarda
l’esportazione di materie
prime tra le quali il
petrolio – il testo
originario del “Neutrality
Act”, che nella versione
originariamente adottata si
limita a dichiarare illegali
le esportazioni di armi e di
munizioni. Purtroppo,
l’avvicinamento di Roma a
Berlino sfociato nel
sostegno italiano a Franco
provoca – scrive Augusto
Rosso – lo slittamento
dell’opinione pubblica
locale dall’isolazionismo ad
una sorta di
“discriminazione
preferenziale” a favore
delle democrazie europee e
della stessa Unione
Sovietica, superando così la
distinzione, fino ad allora
ben presente, tra fascismo e
nazismo (considerato
quest’ultimo, fino
all’intervento in Spagna,
come il solo nemico
irriducibile della
democrazia).
La missione a Mosca
Il 18 giugno 1936 Augusto
Rosso è destinato a
ricoprire la carica di
Ambasciatore a Mosca: da
attento osservatore della
politica sovietica riferisce
a Roma sulle grandi purghe
disposte da Stalin
soprattutto nei confronti
della vecchia guardia
bolscevica giudicata
antirivoluzionaria e
trozkista (proprio agli
inizi della sua missione
nell’URSS hanno luogo i
processi che porteranno alla
condanna a morte di Kamenev,
Smirnov e Zinoviev e, in
seguito, alla decapitazione
dei vertici militari).
Augusto Rosso diventa anche
destinatario delle
rimostranze del Commissario
per gli Affari Esteri Maksim
Litvinov che, pur essendo
desideroso di normalizzare
le relazioni
italo-sovietiche dopo la
guerra d’Etiopia, è
preoccupato per la campagna
di stampa in Italia contro
l’URSS e per la sempre più
stretta intimità tra il
regime fascista e quello
nazista. Ciononostante,
Litvinov ritiene che la
“luna di miele” tra Roma e
Berlino non sia destinata a
durare e, quindi, Roma
“guarita dalle sue illusioni
dovrà pur rivedere le sue
posizioni e guardare verso
di noi con animo diverso da
quello di oggi”. Il
contenuto dei suoi frequenti
incontri con Vjaceslav
Molotov, succeduto nella
primavera 1939 a Litvinov,
fanno stato degli inutili
tentativi condotti per
migliorare le relazioni
bilaterali. Tuttavia, la
notizia da lui trasmessa a
Roma (a seguito,
probabilmente, di una
“confidenza” fattagli dal
suo collega tedesco e intimo
amico Friedrick Schulenburg)
che la Germania e l’URSS
hanno firmato il 23 agosto
1939 il Patto sulla
spartizione della Polonia e
sul “via libera” dato da
Hitler alla guerra dell’URSS
contro la Finlandia coglie
di sorpresa lo stesso
Mussolini e solleva
indignazione anche
nell'opinione pubblica
italiana. Di qui il ritiro,
nel dicembre di quello
stesso anno,
dell'Ambasciatore sovietico
da Roma e di quello italiano
da Mosca (per congedo, si
disse). I mesi
immediatamente successivi,
caratterizzati in marzo
dall’incontro
Mussolini-Hitler al
Brennero, in aprile
dall’invasione tedesca della
Danimarca e della Norvegia e
in maggio dall’occupazione
del Belgio, del Lussemburgo
e dei Paesi Bassi sempre da
parte dell’esercito tedesco,
vedono in giugno l’ordine ad
Augusto Rosso di tornare a
Mosca con l’istruzione,
definita quale “generica”
dall’interessato, di
“rinormalizzare” le
relazioni tra Roma e Mosca.
Intanto l’Italia ha
dichiarato guerra alla
Francia e al Regno Unito e
una successiva missiva dello
stesso Mussolini impartisce
al nostro Ambasciatore
l’ordine d’aprire un dialogo
sugli interessi che sia Roma
che Mosca nutrono nei
Balcani, nel bacino
danubiano, nonché circa la
navigazione negli Stretti.
Temi che Molotov, nel corso
di diversi colloqui con
l’Ambasciatore italiano,
mostra di apprezzare,
sottolineando tuttavia
l’opportunità di coinvolgere
nelle consultazioni anche la
Germania. I colloqui tra
Molotov e Rosso durano
parecchi mesi, ma si
chiudono nel febbraio 1941
quando a Mosca si prevede
ormai la fine
dell’”amicizia” con Berlino.
Il rientro in Italia e il
breve mandato di Segretario
Generale del Ministero degli
Esteri
A seguito della rottura
delle relazioni tra l’Italia
e l’URSS, avvenuta nel
giugno 1941, Augusto Rosso è
richiamato a Roma e il 1°
agosto 1943 è nominato
Segretario Generale, carica
che manterrà fino all’8
settembre. Risale a
quell’epoca il rifiuto da
lui opposto a Mussolini di
diventare Ministro degli
Esteri della Repubblica
Sociale Italiana, motivato
dalla volontà di rimanere
fedele al giuramento
prestato al Re d’Italia.
Collocato temporaneamente a
riposo nel novembre 1943,
Augusto Rosso è “riammesso
in servizio al Ministero” a
decorrere dal 14 aprile
1945, ove resterà fino al
momento del suo definitivo
collocamento a riposo
avvenuto nel 1951.
Stabilitosi definitivamente
a Firenze si dedica alla
saggistica e muore il 20
dicembre 1964. Il giorno
successivo il New York Times
dedica alla sua memoria un
lungo e lusinghiero articolo
in prima pagina nel quale,
dopo aver ricordato che egli
è stato “one of Italy’s most
prominent diplomats in the
years between the two World
Wars” e che tutta la sua
carriera “was devoted to
serving his country”,
ricorda che nel gennaio 1933
a New York aveva ribadito
che “his mission was to
preserve the spiritual
strenght of the peaceful
relationship between Italy
and America”.
Opere
Obiettivi e metodi della
politica estera sovietica,
in Rivista di Studi Politici
Internazionali,
Firenze 1946;
Alcuni aspetti della
politica estera degli Stati
Uniti,
in
Rivista di Studi
Politici Internazionali,
Firenze 1949;
La questione degli Stretti e
la Russia nel Mediterraneo,
in
Rivista di Studi Politici
Internazionali,
Firenze 1950;
Quattro momenti della
diplomazia italiana sui
volumi dei documenti
diplomatici,
in
Rivista di
Studi Politici
Internazionali,
Firenze 1954.
A cura dell’Ambasciatore Luigi Guidobono Cavalchini Garofoli