Foto dal sito del Centro Studi Piemontesi

Augusto Rosso

(1885-1964)

Ambasciatore

Augusto Rosso nasce a Tronzano Vercellese il 23 dicembre 1885 da una famiglia di proprietari terrieri. Nel 1908 consegue la laurea dopo avere frequentato i corsi alla Facoltà di Giurisprudenza della Regia Università di Torino. Il 27 aprile 1910 vince il concorso per entrare nella carriera diplomatica come Addetto di Legazione. Presta servizio, dapprima, presso il Gabinetto di due Ministri (Antonio di San Giuliano e Sidney Sonnino), per poi essere destinato a coprire un posto di Segretario all’Ambasciata a Washington. Allo scoppio del primo conflitto mondiale presta servizio nell’Arma di cavalleria (raggiungendo il grado di Maggiore di Complemento) e nel 1922 torna a Washington come Consigliere. Nel 1925 è Consigliere all’Ambasciata a Londra. Nominato nel 1927 Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario di seconda classe, è richiamato al Ministero ove si occupa della Società delle Nazioni e delle riparazioni di guerra, divenendo altresì Delegato Aggiunto del Governo italiano presso il Consiglio della Società delle Nazioni.

 

L’impegno per la rappresentanza dell’Italia presso la Società delle Nazioni

Nel giugno 1930 è alla guida, presso l’Amministrazione centrale, della Direzione Generale “Affari della Società delle Nazioni” dopo avere partecipato alle riunioni ginevrine del Comitato di Arbitrato e di Sicurezza, del Comitato Permanente per le Questioni internazionali del lavoro, della Conferenza navale di Londra e della Conferenza per il Disarmo. È questo il periodo – compreso tra il 1925 e il 1931 – in cui le linee della politica internazionale dell’Italia sono tracciate da Dino Grandi nella sua veste, prima, di Sottosegretario di Stato al Ministero degli Esteri (di cui Benito Mussolini ha l’interim) e dal 1929 al 1932 di Titolare. In questo lasso di tempo, attraversato dalla grande depressione seguita al "giovedì nero" del 29 Ottobre 1929 della borsa valori di New York, Grandi adotta una linea di saggia prudenza cercando soprattutto di tessere e d’intrattenere buone relazioni con le grandi Potenze europee (soprattutto con il Regno Unito e con la Francia); a tal fine egli chiama attorno a sé giovani talenti tra i quali spicca, oltre a Raffaele Guariglia, proprio Augusto Rosso. A quest’ultimo spetta il compito di valorizzare al massimo la presenza del nostro Paese nelle riunioni del Consiglio e dell’Assemblea della Società delle Nazioni ed è così che egli partecipa molto attivamente alle discussioni di Ginevra sugli strumenti ritenuti più idonei a prevenire i conflitti, dal ruolo che la diplomazia è chiamata a svolgere al controllo degli armamenti.

 

L’incarico di Ambasciatore a Washington

L’impegno dispiegato nei diversi fori nei quali si articola il lavoro della Società delle Nazioni apre ad Augusto Rosso nuovi e avvincenti traguardi, che si concretizzano il 23 agosto 1932 nella sua destinazione negli Stati Uniti in qualità d’Ambasciatore. Tale missione, che si protrae fino al giugno 1938, coincide con un periodo difficilissimo e pieno d’insidie, caratterizzato, da un lato, dall’impegno a presentare all’Amministrazione americana e all’opinione pubblica locale il “volto buono” del regime esistente in Italia e, dall’altro, dall’opportunità di fornire all’importante comunità italo-americana l’immagine di un Paese d’origine da apprezzare soprattutto per la sua cultura. Quest’ultimo approccio si pone in netta opposizione con i tentativi di diffondere a scopo preminentemente propagandistico i fasci italiani all’estero: Rosso si propone anche di istituire a New York un Istituto di cultura italiana privo di impronta politica e capace di interpretare la mentalità locale. Nel 1935 il conflitto etiopico accentua l’avversione di Washington verso l’Italia: nei suoi rapporti a Roma Augusto Rosso, nell’osservare che il governo italiano “non ha fatto nulla per conservare l’amicizia degli Stati Uniti se non politiche che hanno portato allo stallo dei negoziati commerciali”, conclude nel biasimare “il generale disinteressamento alle cose americane” suscettibile di vanificare quanto di buono c’è nel nostro Paese. Dopo le sanzioni comminate all’Italia dalla Società delle Nazioni (di cui non fanno parte gli Stati Uniti data la loro politica isolazionista) a causa della guerra in Abissinia, Augusto Rosso s’impegna con successo, mobilitando anche esponenti della comunità italo-americana (tra i quali spicca la figura di Generoso Pope, fondatore della Rivista “Il Progresso italo-americano”), per evitare che il Congresso modifichi ai danni dell’Italia – in particolare per quanto riguarda l’esportazione di materie prime tra le quali il petrolio – il testo originario del “Neutrality Act”, che nella versione originariamente adottata si limita a dichiarare illegali le esportazioni di armi e di munizioni. Purtroppo, l’avvicinamento di Roma a Berlino sfociato nel sostegno italiano a Franco provoca – scrive Augusto Rosso – lo slittamento dell’opinione pubblica locale dall’isolazionismo ad una sorta di “discriminazione preferenziale” a favore delle democrazie europee e della stessa Unione Sovietica, superando così la distinzione, fino ad allora ben presente, tra fascismo e nazismo (considerato quest’ultimo, fino all’intervento in Spagna, come il solo nemico irriducibile della democrazia).

 

La missione a Mosca

Il 18 giugno 1936 Augusto Rosso è destinato a ricoprire la carica di Ambasciatore a Mosca: da attento osservatore della politica sovietica riferisce a Roma sulle grandi purghe disposte da Stalin soprattutto nei confronti della vecchia guardia bolscevica giudicata antirivoluzionaria e trozkista (proprio agli inizi della sua missione nell’URSS hanno luogo i processi che porteranno alla condanna a morte di Kamenev, Smirnov e Zinoviev e, in seguito, alla decapitazione dei vertici militari). Augusto Rosso diventa anche destinatario delle rimostranze del Commissario per gli Affari Esteri Maksim Litvinov che, pur essendo desideroso di normalizzare le relazioni italo-sovietiche dopo la guerra d’Etiopia, è preoccupato per la campagna di stampa in Italia contro l’URSS e per la sempre più stretta intimità tra il regime fascista e quello nazista. Ciononostante, Litvinov ritiene che la “luna di miele” tra Roma e Berlino non sia destinata a durare e, quindi, Roma “guarita dalle sue illusioni dovrà pur rivedere le sue posizioni e guardare verso di noi con animo diverso da quello di oggi”. Il contenuto dei suoi frequenti incontri con Vjaceslav Molotov, succeduto nella primavera 1939 a Litvinov, fanno stato degli inutili tentativi condotti per migliorare le relazioni bilaterali. Tuttavia, la notizia da lui trasmessa a Roma (a seguito, probabilmente, di una “confidenza” fattagli dal suo collega tedesco e intimo amico Friedrick Schulenburg) che la Germania e l’URSS hanno firmato il 23 agosto 1939 il Patto sulla spartizione della Polonia e sul “via libera” dato da Hitler alla guerra dell’URSS contro la Finlandia coglie di sorpresa lo stesso Mussolini e solleva indignazione anche nell'opinione pubblica italiana. Di qui il ritiro, nel dicembre di quello stesso anno, dell'Ambasciatore sovietico da Roma e di quello italiano da Mosca (per congedo, si disse). I mesi immediatamente successivi, caratterizzati in marzo dall’incontro Mussolini-Hitler al Brennero, in aprile dall’invasione tedesca della Danimarca e della Norvegia e in maggio dall’occupazione del Belgio, del Lussemburgo e dei Paesi Bassi sempre da parte dell’esercito tedesco, vedono in giugno l’ordine ad Augusto Rosso di tornare a Mosca con l’istruzione, definita quale “generica” dall’interessato, di “rinormalizzare” le relazioni tra Roma e Mosca. Intanto l’Italia ha dichiarato guerra alla Francia e al Regno Unito e una successiva missiva dello stesso Mussolini impartisce al nostro Ambasciatore l’ordine d’aprire un dialogo sugli interessi che sia Roma che Mosca nutrono nei Balcani, nel bacino danubiano, nonché circa la navigazione negli Stretti. Temi che Molotov, nel corso di diversi colloqui con l’Ambasciatore italiano, mostra di apprezzare, sottolineando tuttavia l’opportunità di coinvolgere nelle consultazioni anche la Germania. I colloqui tra Molotov e Rosso durano parecchi mesi, ma si chiudono nel febbraio 1941 quando a Mosca si prevede ormai la fine dell’”amicizia” con Berlino.

 

Il rientro in Italia e il breve mandato di Segretario Generale del Ministero degli Esteri

A seguito della rottura delle relazioni tra l’Italia e l’URSS, avvenuta nel giugno 1941, Augusto Rosso è richiamato a Roma e il 1° agosto 1943 è nominato Segretario Generale, carica che manterrà fino all’8 settembre. Risale a quell’epoca il rifiuto da lui opposto a Mussolini di diventare Ministro degli Esteri della Repubblica Sociale Italiana, motivato dalla volontà di rimanere fedele al giuramento prestato al Re d’Italia. Collocato temporaneamente a riposo nel novembre 1943, Augusto Rosso è “riammesso in servizio al Ministero” a decorrere dal 14 aprile 1945, ove resterà fino al momento del suo definitivo collocamento a riposo avvenuto nel 1951. Stabilitosi definitivamente a Firenze si dedica alla saggistica e muore il 20 dicembre 1964. Il giorno successivo il New York Times dedica alla sua memoria un lungo e lusinghiero articolo in prima pagina nel quale, dopo aver ricordato che egli è stato “one of Italy’s most prominent diplomats in the years between the two World Wars” e che tutta la sua carriera “was devoted to serving his country”, ricorda che nel gennaio 1933 a New York aveva ribadito che “his mission was to preserve the spiritual strenght of the peaceful relationship between Italy and America”.  

 

Opere

Obiettivi e metodi della politica estera sovietica, in Rivista di Studi Politici Internazionali, Firenze 1946;

Alcuni aspetti della politica estera degli Stati Uniti, in Rivista di Studi Politici Internazionali, Firenze 1949;

La questione degli Stretti e la Russia nel Mediterraneo, in Rivista di Studi Politici Internazionali, Firenze 1950;

Quattro momenti della diplomazia italiana sui volumi dei documenti diplomatici, in Rivista di Studi Politici Internazionali, Firenze 1954.

 

A cura dell’Ambasciatore Luigi Guidobono Cavalchini Garofoli