Professore incaricato stabilizzato di diritto delle Comunità europee nell’Università degli Studi di Torino
Antonio Quaglino nasce a
Torino il 14 settembre 1934.
Laureato in Scienze
Politiche all'Università
degli Studi di Torino il 20
novembre 1958 con lode e
dignità di menzione,
consegue altresì, presso la
stessa Università, la laurea
in Giurisprudenza a pieni
voti, il successivo 12
luglio 1962.
Una
brillante carriera
accademica tragicamente
interrotta
Gli
studi universitari
permettono al giovane
Quaglino di individuare un
interesse preciso – ed una
correlata vocazione – per il
diritto internazionale. Già
dal 1° novembre 1962,
immediatamente dopo aver
conseguito la laurea in
Giurisprudenza, è Assistente
volontario alla cattedra di
Diritto internazionale della
Facoltà di Economia e
Commercio dell'Università
degli Studi di Torino,
accanto ad un grande maestro
dell'Ateneo torinese, il
Prof. Giorgio Cansacchi di
Amelia, che della Facoltà è
anche Preside.
Negli anni 1964, 1965 e 1966
frequenta i Corsi di
perfezionamento della
prestigiosa
Académie de Droit
international del La Haye.
In tale occasione, il
giovane studioso ha modo di
frequentare assiduamente
personaggi della statura di
Rolando Quadri, docente del
Cours général de droit
international public nel
1965, nonché di F.A. Mann,
di E. Jimenez de Arechaga,
di G. C. Venturini, di M.
Lachs, di G. Berlia, di A.
Malintoppi, di G. Barile, di
R. de Nova, di G.
Schwarzenberger, di C.W.
Jenks, di F. Rigaux, di L.
M. Bentivoglio, dei quali
ascolta le lezioni e dai
quali trae innumerevoli
occasioni di studio e
approfondimento. Di Rolando
Quadri, Quaglino amava
ricordare la stimolante e
appassionata conversazione,
l'abitudine di discorrere di
problemi giuridici con gli
allievi, affascinati dalla
sua inusuale attitudine a
discutere e confutare non
solo le tesi altrui, ma
anche quelle espresse nei
propri scritti anteriori.
Dal
15 febbraio 1966, in seguito
a concorso, è Assistente
ordinario alla cattedra di
Istituzioni di Diritto
pubblico della Facoltà di
Economia e Commercio
dell'Università di Cagliari,
divenendo Aiuto dal giugno
1970. Sono, questi, anni di
studio appassionato in una
sede universitaria
accogliente. Il 16 giugno
1972 è trasferito presso la
cattedra di Diritto
regionale della Facoltà di
Giurisprudenza
dell'Università degli Studi
di Torino. Al contempo, è
altresì incaricato
dell'insegnamento di Diritto
internazionale nella Facoltà
di Economia e Commercio
dell'Ateneo cagliaritano (a
partire dall'anno accademico
1969-70), divenendo poi
Professore stabilizzato dal
1973. La medesima Facoltà
gli conferisce anche
l'incarico dell'insegnamento
di Organizzazione
internazionale negli anni
accademici 1972-73 e
1973-74. Sono, quelli, i
primi anni di un'attività di
docenza condotta all'insegna
della continuità e della
passione educativa. Negli
stessi anni accademici
(1966-67, 1967-68 e 1968-69)
è anche docente nei Corsi di
Diritto delle Comunità
europee organizzati dalle
Facoltà di Giurisprudenza e
di Economia e Commercio
dell'Università di Cagliari,
nonché nei Corsi di
perfezionamento
dell'Istituto Italiano per
l'Africa e in quelli della
Società Italiana per
l'Organizzazione
Internazionale (SIOI),
Sezione Piemonte.
Manifesta, dunque, nei vasti
campi del Diritto
internazionale, uno spiccato
interesse per le tematiche
dell'Organizzazione
internazionale e, in questo
ambito, per la disciplina
internazionalistica più
giovane: il diritto delle
Comunità europee. Ed è
all'insegnamento di questa
materia che approda
definitivamente a Torino,
divenendo Professore
incaricato stabilizzato
nella Facoltà di Scienze
Politiche nell'anno
accademico 1975-76,
succedendo al Prof. Alfredo
Barucchi. Antonio Quaglino
si dedica allo studio di
tale materia con una
notevolissima passione
didattica, caratterizzata
per il continuo interesse
verso nuovi argomenti di
diritto delle Comunità
europee che soleva discutere
con i colleghi per poter
perfezionare le proprie
lucide lezioni. I suoi
numerosi laureati conservano
il ricordo dell’estrema
disponibilità del Prof.
Quaglino, il quale li
seguiva con rimarchevole
assiduità nella preparazione
della tesi di laurea in
Diritto delle Comunità
europee, appassionandoli
all'argomento e aiutandoli
pazientemente a limare le
pagine faticose, incurante
delle molte ore passate a
riceverli e a discutere con
loro. Molte vocazioni
all'affascinante Diritto
comunitario, nuova frontiera
del Diritto internazionale
in Europa, punta avanzata
dell'Organizzazione
internazionale
istituzionalizzata, sono
così nate nell'aula del
Corso di Quaglino. Per molti
anni egli è socio attivo
della Società Italiana per
l'Organizzazione
Internazionale, nonché
membro della
Association des Auditeurs de
l'Académie de Droit
international de la Haye
e del Centro Italiano per la
protezione dei diritti
dell'uomo. Consulente della
Casa Editrice UTET, è
responsabile della sezione
di Diritto internazionale
della III edizione del
Grande Dizionario
Enciclopedico, per la quale
redige numerose voci.
Nell'anno accademico
1984-85, una lunga e
dolorosa malattia consuma
progressivamente Antonio
Quaglino. Gli amici
Alessandro Marazzi, Andrea
Comba, Giuseppe Porro,
Edoardo Greppi e Raffaella
Audino cercano di riempire
il vuoto che determina la
sua assenza dalle aule
universitarie, sperando che
una difficile guarigione lo
riporti nell’amato mondo
dello studio e
dell'insegnamento. L'agosto
del 1985, tuttavia, spegne
ogni speranza. Il cordoglio
per la scomparsa di un uomo
buono e schivo, di un
collega generoso e amabile,
di un maestro rigoroso e
paterno, accomuna in quei
giorni tanti amici e
colleghi. Particolarmente
apprezzabile è apparsa la
decisione del Prof. Andrea
Comba e del Consiglio
dell'Istituto Universitario
di Studi Europei di
commemorare – l'8 aprile
1987 – il collega e amico
scomparso, e di intitolargli
l'aula di lezione, tributo
estremo alla umanità e alla
professionalità di Antonio
Quaglino.
I
cardini del pensiero di
Antonio Quaglino
nell’analisi delle relazioni
tra Organizzazioni
internazionali
L'attività scientifica di
Antonio Quaglino è
caratterizzata da un numero
limitato di scritti. Grande
uomo di studio, ricercatore
appassionato, faceva fatica
a considerare maturo per la
pubblicazione un lavoro
scientifico. Un impegno di
ricerca puntiglioso, una
tendenza ad estendere ed
approfondire lo studio di
testi e documenti, uniti ad
una innata ritrosia, lo
portavano a prolungare
enormemente il momento dello
studio, a dilatare la fase
delle prime stesure, sempre
assoggettate a puntigliose
verifiche, a pazienti
limature, riscritture,
rielaborazioni parziali o
complessive. Questo
atteggiamento di grande – e
ingiustificata – modestia ha
fatto sì che rimanessero ad
uno stadio di incompiutezza
almeno due monografie, l'una
sull'arduo problema del
coordinamento fra le
Organizzazioni
internazionali e l'altra sul
Parlamento europeo. Di tali
lavori sono rimaste alcune
tracce: in un curriculum
della metà degli anni
Settanta, il Prof. Quaglino
definiva il lavoro sul
coordinamento quale
“monografia in fase di
ultimazione”.
Molto interessanti si
presentano alcuni lavori di
Organizzazione
internazionale. Due furono
pubblicati negli
Annali della Facoltà di
Economia e Commercio della
Università di Cagliari
e uno sulla prestigiosa
Rivista di Diritto
Internazionale Privato e
Processuale,
diretta da Mario Giuliano.
Il primo di questi tre
scritti reca il titolo
“La natura giuridica delle
relazioni dell'UEO con la
NATO e il Consiglio d'Europa
(Considerazioni
preliminari)”.
Già il sommario rivela lo
scrupolo dell'Autore ad
affrontare il tema con un
approccio sistematico
rigoroso. Parte, infatti,
dal problema della
giuridicità delle relazioni
tra Organizzazioni
internazionali e da quello
della giuridicità delle
disposizioni che regolano
tali relazioni alla luce dei
criteri indicati da maestri
come Gaetano Morelli e
Tomaso Perassi, mettendo poi
a confronto le posizioni di
autori come Riccardo Monaco,
Benedetto Conforti, Rolando
Quadri, nonché del Wengler e
del Parry. Sulla scorta di
questi elementi di
valutazione di base,
Quaglino affronta il tema
centrale del lavoro: la
natura giuridica delle
relazioni dell'UEO con la
NATO e il Consiglio
d'Europa. Il fine è
accertare se le relazioni
considerate siano "di
diritto" o "di fatto". La
giuridicità internazionale
delle disposizioni che
regolano queste relazioni è
vista sia in base ad un
criterio di valutazione
formale che in base ad uno
sostanziale, nonché in
relazione alla assenza di
personalità internazionale
delle tre Organizzazioni
prese in considerazione. La
conclusione dell'Autore è
nel senso dell'attestazione
della giuridicità delle
relazioni esaminate, cioè
del loro carattere
obbligatorio.
Il
saggio di Quaglino tocca,
dunque, tematiche centrali
del diritto internazionale
generale e del diritto
dell'organizzazione
internazionale. In primo
luogo, infatti, mira a
stabilire se le relazioni
esaminate siano o meno rette
da norme di diritto
internazionale (cioè
giuridiche sotto il profilo
internazionalistico).
L'indagine si dipana sia sul
piano formale – cioè con
riferimento alla fonte dalla
quale promanano, “per
accertare se discendano o
meno da una delle fonti di
produzione normativa
operanti nell'ordinamento
internazionale” – che su
quello sostanziale, “tenendo
conto della forza vincolante
che esse posseggono, per
appurare se influiscano o
meno in modo effettivo sulla
struttura e sul modo di
agire degli enti cui si
riferiscono”. Perché si
possa concludere nel senso
della giuridicità, occorre
che entrambe le indagini
diano esito positivo, che
cioè le disposizioni
esaminate risultino “emanate
da una fonte di produzione
normativa internazionale e,
al contempo, risultino
dotate della stessa forza
vincolante che è tipica
delle norme vigenti
nell'ambito dell'ordinamento
internazionale”. Il secondo
approccio è collegato al
principio di effettività,
cardine del diritto
internazionale in generale e
determinante ogniqualvolta,
nella disciplina
internazionalistica, ci si
ponga ad affrontare temi
connessi con la soggettività
degli enti e con la loro
vita di relazione. Le due
indagini appaiono così
teleologicamente connesse.
Tuttavia, l'Autore è altresì
consapevole dell'incombere
di un possibile problema:
quello connesso con gli
interrogativi circa la
personalità e soggettività
giuridica delle
Organizzazioni prese in
esame. Quaglino nega che le
tre Organizzazioni siano
dotate “di una individualità
tale da potersi inserire
quali potenze a sé stanti
nella vita di relazione
internazionale”. E qui, come
in altre parti del suo
lavoro, l'Autore segue
l'autorevole impostazione
offerta in dottrina da uno
che ha sempre considerato
tra i suoi maestri, Rolando
Quadri. Ritiene, cioè, che
ciascuna delle tre
Organizzazioni svolga “una
funzione meramente
strumentale di collegamento
tra Stati membri”, fornendo
loro mezzi e modi per
esaminare questioni di
interesse comune e al fine
di attuare una più intensa
collaborazione. Si è,
quindi, sul piano degli “strumenti
tecnici di cooperazione
interstatuale”
e non su quello di “un
autonomo rilievo in ambito
internazionale”. Tali
considerazioni portano il
Quaglino a concludere che
“le attività normative ed
esecutive menzionate sono
nominalmente attività della
NATO, dell'UEO e del
Consiglio d'Europa, in
quanto sono compiute da
organi formalmente di loro
pertinenza. In effetti,
invece, esse sono attività
sociali dei rispettivi
gruppi di Stati”.
Conseguentemente, la
responsabilità fa capo
nominalmente alle
Organizzazioni, ma
effettivamente ricade in
capo alle rispettive società
di Stati (mentre, al
contrario, nelle
Organizzazioni
personalizzate le attività
sono imputate direttamente
all'Organizzazione, ente
individuale).
Sul
punto relativo ai problemi
di personalità, soggettività
e imputabilità di fatti,
Quaglino è cosciente di
discostarsi talora
dall’autorevole dottrina
prevalente, rappresentata da
studiosi quali Anzilotti,
Morelli e Monaco. Egli,
tuttavia, assume sempre
posizioni rigorosamente
argomentate, e dotate del
supporto di dottrina
altrettanto autorevole
(talora Balladore Pallieri,
talora ancora Quadri). Dal
punto di vista materiale,
l'argomento affrontato
rivela una grande freschezza
anche a distanza di tempo
dalla pubblicazione: non
sfugge al lettore
l'interesse della tematica,
in un periodo (la seconda
metà degli anni Novanta) in
cui ci si sarebbe posti
ancora il problema del
coordinamento fra
Organizzazioni
internazionali dotate di
scopi politici (come il
Consiglio d'Europa) e
militari (come NATO e UEO),
e in cui si sarebbe discusso
del ruolo delle
Organizzazioni regionali per
il mantenimento della pace
(NATO e UEO nei territori
dell'ex-Yugoslavia, per
esempio) e nel processo di
integrazione europea (UEO e
Unione/Comunità europea,
dopo il Trattato di
Maastricht del 7 febbraio
1992).
Una
lucida e rigorosa analisi
dei rapporti tra Consiglio
di sicurezza e
Organizzazioni regionali nel
contesto del mantenimento
della pace e della sicurezza
internazionale
Un secondo scritto di
Antonio Quaglino che merita
particolare attenzione è
intitolato
“Il Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite e la
legittimazione delle
Organizzazioni regionali ad
agire per il mantenimento
della pace e della sicurezza
internazionale”,
ed è apparso, come il
precedente,
negli
Annali della Facoltà di
Economia e Commercio
dell'Università degli Studi
di Cagliari. Il punto di
partenza è rappresentato
dagli artt. 52, 53 e 54
della Carta dell'ONU.
L'Autore affronta subito il
problema delle condizioni di
legittimazione per l'azione
delle Organizzazioni
regionali, e perviene
rapidamente ad attribuire un
ruolo determinante e
ineludibile al Consiglio di
Sicurezza. È con un atto
formale di questo – una
decisione – che la soluzione
pacifica di una controversia
è rimessa all'Organizzazione
regionale, così come
l'eventuale autorizzazione
ad un'azione coercitiva o la
richiesta di un intervento
sotto la direzione del
Consiglio stesso.
L'analisi della prassi
conduce l’Autore ad una
conferma di questa
impostazione. Un'accurata
analisi del dato normativo è
infatti accompagnata
dall'esame della prassi
dell'ONU e di Organizzazioni
regionali come quella
dell'Unità Africana e della
Lega Araba, nonché dal
confronto con la dottrina
più rilevante. Circa il
rapporto tra la portata
dell'art. 103 e gli Statuti
delle Organizzazioni
regionali, Quaglino si
schiera nettamente a favore
della prevalenza degli
obblighi derivanti dalla
Carta di San Francisco,
superando altresì le
obiezioni circa il valore
meramente politico degli
impegni assunti dagli Stati
in virtù degli artt. 1 e 2
della Carta stessa.
Ritenendo, tuttavia, caduta
per desuetudine l'ultima
parte dell'art. 52(1) della
Carta (relativamente
all'obbligo di conformità
delle decisioni delle
Organizzazioni regionali ai
fini e ai principi delle
Nazioni Unite), l’Autore
perviene a concludere nel
senso della piena validità –
anche sostanziale – delle
decisioni con le quali il
Consiglio di Sicurezza ha
legittimato la Lega Araba e
l'Organizzazione dell'Unità
Africana a trattare,
rispettivamente, la
questione libanese e la
questione congolese.
La tesi della abrogazione
della norma citata non si
pone in contrasto né con
l'affermata validità
assoluta del principio della
prevalenza degli obblighi
dello Statuto stabilita
nell'art. 103, né con
l'efficacia e funzionalità
di un sistema di sicurezza
"decentrato" poggiante
sull'azione delle
Organizzazioni regionali. Ad
opinione del Quaglino,
infatti, “ciò che conta è
che l'azione svolta
dall'organizzazione
legittimata abbia contenuto
non difforme da quella che
avrebbe posto in essere
l'Organizzazione delle
Nazioni Unite e non porti a
risultati diversi da quelli
che l'organizzazione stessa
avrebbe raggiunto. Questo in
quanto l'attività
dell'organizzazione
regionale legittimata è
sostitutiva dell'attività
dell'ONU”. Ecco allora che
Quaglino approda ad un
risultato che potremmo
definire pragmatico: “[i]n
definitiva, dunque, non
importa che vi sia tra
organizzazione regionale ed
Organizzazione delle Nazioni
Unite una conformità di
carattere astratto o
generico quale è appunto
quella postulata dall'art.
52(1) ultima parte; importa
invece che vi sia, fra l'una
e l'altra organizzazione,
una conformità di carattere
pratico,
vale a dire una conformità
funzionale”.
Anche questo scritto di
Antonio Quaglino affronta,
dunque, un tema di rilievo
notevole per gli anni
travagliati che
coincideranno con il
cinquantenario
dell'Organizzazione delle
Nazioni Unite. Ampio fu
infatti il dibattito, negli
anni 1994 e 1995, sul ruolo
delle Organizzazioni
regionali (in particolare,
la NATO) in rapporto alle
finalità di
peace-keeping assegnate
alle Nazioni Unite. Temi
quali la gestione diretta di
operazioni coercitive da
parte dell'ONU o il loro
conferimento a
Organizzazioni regionali in
forza di un mandato diretto,
oppure ancora la delega a
singoli Stati e/o
Organizzazioni regionali,
hanno occupato un'ampia
parte della dottrina
internazionalistica di
quegli anni.
La
successiva produzione
scientifica
Nel 1972 vede la luce il
saggio
“La F.A.O. e la
giurisdizione italiana”,
apparso sulla
Rivista di Diritto
Internazionale Privato e
Processuale del 1972. È
uno scritto ampio e
profondo, rigoroso
nell'argomentazione, che
affronta il delicato
problema della immunità
delle Organizzazioni
intergovernative dalla
giurisdizione dello Stato in
cui hanno la sede. Occasione
dello scritto è la prima
sentenza di un tribunale
statale chiamato a
pronunciarsi su una
questione di immunità
giurisdizionale concernente
la FAO. Se l'Autore si
riconosce in sintonia con la
sostanza della sentenza, la
quale ha riconosciuto
l’immunità della FAO
rispetto alla giurisdizione
italiana, egli prende
tuttavia le distanze dalla
formulazione. Più
precisamente, Quaglino
discute la circostanza per
cui, nella sentenza, il
Pretore di Roma si riferisce
alla FAO come “unione
internazionale, unione i cui
organi esplicano attività
che sono valutate
dall'ordinamento
internazionale o entità di
carattere istituzionale”. In
altre parole, l'Autore
ritiene che prevalga – nella
sentenza – un generico
riferimento ad una “unione
istituzionale di Stati, una
entità di natura sociale”.
Prendendo le mosse dall'atto
costitutivo, l'Autore
sottolinea come la FAO si
identifichi come “una
struttura organizzatoria,
una organizzazione in senso
tecnico, cioè, di cui gli
organi e le posizioni
giuridiche menzionate
costituiscono,
rispettivamente, la
componente organica e la
componente
interindividuale”. Il
Quaglino giunge così a
rilevare che se ci si fosse
voluti esprimere in termini
rigorosamente tecnici, “non
si sarebbe dovuto parlare di
immunità giurisdizionale
della FAO tout court, ma di
immunità giurisdizionale
dell'ente internazionale di
cui la FAO costituisce la
struttura organizzatoria”.
Il medesimo saggio affronta
il problema della pretesa
priorità dei principi
par in parem non habet
iurisdictionem e
princeps in alterius
territorio privatus
rispetto all'art. VIII del
Trattato di Washington
(l'accordo di sede tra la
FAO e l'Italia), sostenendo
la rilevanza meramente
materiale dei due principi e
la loro conseguente
incommensurabilità rispetto
alle questioni concernenti
l'immunità giurisdizionale
degli enti internazionali. I
due principi, citati nella
sentenza, non sono –
a
parere del Quaglino –
applicabili in quanto “detti
principi e le questioni di
immunità giurisdizionale non
sono tra loro
commensurabili”. Principi
disciplinatori e questioni
da regolare stanno,
nell’impostazione seguita
dal Quaglino, su piani
differenti, e trovano ragion
d'essere e collocazione
logica in ambiti diversi.
Mentre le questioni di
immunità hanno rilevanza
squisitamente giuridica, i
due principi presi in esame
hanno rilevanza meramente
materiale, non appartenendo
né all'ordinamento statale
italiano, né a quello
internazionale generale né,
infine, agli ordinamenti
internazionali speciali
delle unioni di Stati. I due
principi scaturiscono così
da una prassi
giurisprudenziale,
senza poter peraltro
assurgere a dignità di norma
giuridica.
Il punto di arrivo è così il
riconoscimento della
immunità – fondata allora
sul dettato dell'art. VIII
del Trattato di Washington –
nella sua accezione più
ampia, disancorata dalla
tradizionale distinzione tra
attività di rilievo
pubblicistico e attività
iure privatorum, con
l'estensione della copertura
anche ad ipotesi in cui le
attività oggetto di
controversia hanno
sicuramente natura
privatistica. La conclusione
è nel senso della
riaffermazione della
priorità della utilizzazione
dell'art. VIII sul ricorso a
pretesi principi generali
dell'ordinamento giuridico
dello Stato italiano. Anche
questo studio offre una
conferma dell'elevato
profilo della figura del
Quaglino ricercatore,
studioso votato all'analisi
accurata, al solido
fondamento di tutte le
affermazioni, anche quelle
apparentemente minori.
Infine, un ultimo lavoro
appare meritevole di un
cenno. Intitolato “La
politica mediterranea della
C.E.E. (profili
storico-giuridici)”, consiste
in
un opuscolo di 37 pagine
pubblicato dall'AEDE (Association
Européenne des Enseignants),
nel 1981. Si tratta di un
lavoro più “leggero”, se
comparato con i tre
precedentemente richiamati.
Tuttavia, esso costituisce
una pregevole sintesi degli
aspetti storici, politici e
istituzionali delle
relazioni tra la Comunità
europea e gli Stati che si
affacciano sul Mediterraneo.
Mentre gli scritti
precedenti mostrano il
profilo netto del Quaglino
giurista, questo lavoro
evidenzia il coesistente
interesse dello studioso per
quei fenomeni che presentano
elementi di
interdisciplinarità. Storia,
politica, economia e diritto
convivono nell'ambito dei
rapporti tra la Comunità
europea e i suoi vicini
mediterranei, ed emergono
nel lavoro di Quaglino in un
insieme armonico. E l'Autore
appare nella sua luce di
uomo di cultura, di solide
letture, con un bagaglio di
idee e di riflessioni che
proietta una lunga e serena
ombra dietro ad ogni pagina.
Principali opere
Volumi
con A. Barucchi (a cura di),
Trattato che istituisce la
Comunità Economica Europea,
Torino, Giappichelli, 1982.
La politica mediterranea
della C.E.E. (profili
storico-giuridici),
Torino, AEDE, 1981.
Saggi e articoli in
periodici
“La natura giuridica delle
relazioni dell'UEO con la
NATO e il Consiglio d'Europa
(Considerazioni
preliminari)”,
in
Annali della Facoltà di
Economia e Commercio
dell'Università degli Studi
di Cagliari, a.a.
1965-66 e 1966-67.
“Il Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite e la
legittimazione delle
Organizzazioni regionali ad
agire per il mantenimento
della pace e della sicurezza
internazionale”,
in
Annali della Facoltà di
Economia e Commercio
dell'Università degli Studi
di Cagliari, a.a.
1967-68 e 1968-69.
“La F.A.O. e la
giurisdizione italiana”,
in
Rivista di Diritto
Internazionale Privato e
Processuale, 1972.
Bibliografia essenziale
E. Greppi, A. Marazzi
e
G. Porro,
“Antonio Quaglino”, in
G. M. Bravo
e
L. Sciolla
(a cura di),
Un’eredità intellettuale:
Maestri e allievi della
Facoltà di Scienze Politiche
di Torino,
Antella-Firenze, Passigli
Editori, 1997, p. 37 et seq.
A. Comba
e
G. M. Bravo,
“Testimonianza: Antonio
Quaglino”, in
G. M. Bravo
e
L. Sciolla
(a cura di),
Un’eredità intellettuale:
Maestri e allievi della
Facoltà di Scienze Politiche
di Torino,
Antella-Firenze, Passigli
Editori, 1997, p. 237 et
seq.
A cura del prof. Edoardo Greppi