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Giuseppe Ottolenghi

(1876-1955)

Professore ordinario di diritto internazionale nella Regia Università degli Studi di Torino, successivamente nell'Università degli Studi di Torino

Giuseppe Ottolenghi nasce a Torino il 1° luglio 1876. Iscrittosi alla Regia Università di Torino, consegue la laurea in Giurisprudenza il 9 luglio 1897, con la votazione finale di cento/centodieci. Tra i relatori della sua tesi compare il nome di Guido Fusinato, allora ordinario di diritto internazionale nell’ateneo piemontese.

Una brillante carriera accademica: da libero docente a Pavia a professore ordinario a Torino

Lattività accademica di Ottolenghi inizia nel 1904 all’Università di Pavia, ove viene ammesso alla libera docenza. Tuttavia, la collaborazione con l’ateneo lombardo volge rapidamente al termine, in quanto dopo soli due anni ottiene il trasferimento a Torino. Nella sua città natale, Ottolenghi a partire dal 1906 è libero docente di diritto internazionale, affiancando l’allora titolare della cattedra, Giulio Diena. L’attività accademica di Giuseppe Ottolenghi si rivela particolarmente proficua, in quanto egli si inserisce ben presto nella vivace e brillante scuola internazionalistica italiana. In particolare, Giorgio Cansacchi d’Amelia riporta che il giovane Ottolenghi gareggia “per vivezza d’ingegno, per ampia cultura e per capacità sistematica con i grandi nomi di Anzilotti, di Marinoni, di Perassi, di Gherardini, di Fedozzi, di Cavaglieri, ecc.”.

Nel 1916 è professore incaricato di diritto internazionale presso l’Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali, pur continuando a collaborare fino al 1925 come libero docente con la cattedra detenuta dal Diena presso la Facoltà di Giurisprudenza. Nel 1921, dopo soli cinque anni di incarico, Ottolenghi diviene titolare della cattedra di diritto internazionale presso l’Istituto Superiore, per poi ricevere la nomina a professore ordinario della medesima disciplina nel 1924.

Nel 1925 Guido Diena, con il quale Ottolenghi collaborava sin dal suo approdo all’ateneo torinese, è trasferito all’Università di Pavia, e la cattedra di diritto internazionale nella Facoltà di Giurisprudenza è per un brevissimo periodo affidata alla supplenza di Gaetano Arangio-Ruiz, costituzionalista da poco trasferito dall’Università di Modena. Dopo tale parentesi, la medesima cattedra è assegnata proprio a Ottolenghi, principale collaboratore di Diena, il quale assume la qualifica di professore incaricato. Nei sette anni successivi Giuseppe Ottolenghi continua a detenere il doppio ruolo di ordinario nell’Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali e di incaricato presso la Facoltà di Giurisprudenza. La sua produzione scientifica e la sua crescente fama accademica, sempre più riconosciute nell’ambito della scuola torinese, si affiancano ad una altrettanto prolifica attività nel settore legale. Ottolenghi è infatti conosciuto come uno dei più brillanti avvocati della città, esercitando la sua professione nell’ambito del Foro torinese con particolare passione e successo. Nella conduzione dello studio legale Ottolenghi è ben presto affiancato dal figlio Massimo, anch’egli distintosi negli anni successivi nella professione forense. Nel 1932 Giuseppe Ottolenghi ottiene il definitivo trasferimento dalla cattedra di “Istituzioni di diritto pubblico e diritto internazionale” nell’Istituto Superiore di Scienze Economiche e Commerciali alla cattedra di diritto internazionale nella Facoltà di Giurisprudenza. La decisione gli viene notificata con una lettera del Preside, Emilio Crosa, datata 5 luglio 1932, con decorrenza dal 1° novembre 1932. L’opera intellettuale di Ottolenghi prosegue con particolare vivacità presso la Facoltà di Giurisprudenza, affermandosi sempre di più come degno continuatore dell’illustre tradizione internazionalistica torinese. Ottolenghi si distingue come insegnante mite e benevolo, particolarmente amato dagli studenti per il suo buon carattere. Tra i suoi studenti più celebri è possibile ricordare Emile Chanoux, tra i più attivi fautori del progetto di autonomia regionale valdostana.

 

Gli anni del regime fascista e il tragico allontanamento dalla docenza. 

Negli anni del regime fascista non sono mancati esempi di opposizione da parte dei docenti della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino. Tra questi si ricordano oggi, ex multis, le figure di Luigi Einaudi, al quale è oggi dedicato il Campus che ospita il Dipartimento di Giurisprudenza, e di Giuseppe Ottolenghi. Quest’ultimo, infatti, proviene da una famiglia caratterizzata da una solida tradizione liberale e laica, in completa antitesi con l’ideologia del regime. Il medesimo sentimento antifascista alberga anche tra i parenti della moglie del docente, i quali collaborano al movimento antifascista torinese insieme a numerosi giovani intellettuali, tra i quali Massimo Mila, Franco Antonicelli, Cesare Pavese, Giulio Carlo Argan, Carlo Dionisotti, Giulio Einaudi, Vittorio Foa, Carlo Levi e lo stesso Massimo Ottolenghi.

Il professore Ottolenghi si adopera in prima persona nell’attività di opposizione politica al regime: all’interno dell’Università egli distribuisce clandestinamente dei volantini di contestazione delle politiche fasciste. La sua attività antifascista è conosciuta all’interno dell’ateneo, ma nei sei anni tra il 1932 ed il 1938 non riceve alcuna denuncia. È opinione degli storici che la mancanza di azioni di repressione nei suoi confronti sia segno di una sostanziale accondiscendenza da parte degli organi dell’ateneo, primi fra tutti il preside della Facoltà Emilio Crosa e il Rettore Silvio Pivano. Probabilmente Ottolenghi era considerato da questi ultimi e dall’autorità locale come un intellettuale critico del regime, ma piuttosto inoffensivo sul piano pratico.

Il 1938 è il triste anno caratterizzato dall’emanazione delle leggi razziali fasciste, un corpus di norme giuridiche che hanno come principale effetto l’esclusione delle persone di origine ebraica da una vasta gamma di incarichi pubblici, ivi inclusa la docenza universitaria. Giuseppe Ottolenghi è dunque parte di quel gruppo di nove docenti dell’Università di Torino costretti a lasciare la loro cattedra in ragione delle loro origini ebraiche. Insieme a lui sono allontanati dalla Facoltà il professore emerito Gino Segré, l’ordinario Cino Vitta ed i liberi docenti Riccardo Fubini, Alberto Montel, Costantino Ottolenghi e Samuele Renato Treves, oltre a due assistenti. Le ricostruzioni di tale momento drammatico denotano una particolare “freddezza ed asciuttezza burocratica” da parte di Emilio Crosa, preside della Facoltà di Giurisprudenza, nel comunicare la decadenza di Ottolenghi e degli altri docenti. Egli, infatti, in una breve comunicazione “invia loro un saluto, ricordandone la collaborazione alla Facoltà”, senza aggiungere altro. L’umiliazione è altresì accentuata dall’apparizione in città di alcuni manifesti denigratori, i quali rendono pubblici i nomi dei docenti allontanati dall’ateneo in forza delle leggi razziali.

L’allontanamento di Giuseppe Ottolenghi costituisce un momento di profonda crisi per la cattedra di diritto internazionale torinese che, rimasta momentaneamente vacante, rischia addirittura la soppressione. Successivamente, grazie anche alla mediazione tra i colleghi, la Facoltà decide di mantenere la cattedra affidandola ad Alessandro Passerin d’Entrèves. La nomina non è affatto casuale. È Luigi Einaudi, collega e amico di Ottolenghi, a proporre e caldeggiare la nomina del docente valdostano: la scelta di uno studioso della filosofia del diritto e non di un internazionalista avrebbe infatti reso possibile restituire la cattedra a Giuseppe Ottolenghi una volta superata la triste parentesi delle persecuzioni razziali. Così, seguendo il disegno dell’Einaudi, Passerin d’Entrèves si impegna nei confronti del Consiglio di Facoltà a restituire la cattedra al legittimo titolare non appena sia possibile restituirgli quanto gli è dovuto.

Successivamente all’allontanamento dall’Università, Ottolenghi si dedica a tempo pieno all’avvocatura. Tuttavia, la legge 29 giugno 1939, n. 1054 impone la cancellazione dei cittadini di origine ebraica dagli albi professionali, privando dunque Ottolenghi anche della professione forense. Con l’avvento dell’occupazione nazista e della nascita della Repubblica Sociale Italiana, il professore è poi costretto a rifugiarsi con la famiglia nelle Valli di Lanzo per sfuggire alla deportazione, nonostante il figlio Massimo, partigiano combattente, gli consigliasse di valicare il confine come il suo collega Luigi Einaudi.

 

Il ritorno all’attività accademica nel secondo dopoguerra e gli ultimi anni. 

A seguito della Liberazione e dell’abrogazione delle leggi razziali, nel 1945 Giuseppe Ottolenghi riprende il suo posto nel corpo docente dell’Università di Torino. Egli è così nuovamente abilitato a partecipare alle riunioni del Consiglio di Facoltà, il cui Preside temporaneo nella prima riunione si dice “lieto di porgere alla ripresa della vita universitaria, anche a nome di tutti i colleghi, il più lieto saluto al prof. Ottolenghi”.

Ottolenghi è ormai il decano della Facoltà. Pertanto, a lui è spettato il 21 settembre 1945 presiedere all’elezione del nuovo Preside della Facoltà di Giurisprudenza, dopo il periodo straordinario di transizione. La nuova elezione ha portato alla nomina di Giuseppe Grosso, che resta in carica fino alla morte nel 1973.

La riammissione di Ottolenghi nel ruolo di ordinario di diritto internazionale è ufficializzata il 27 maggio 1946 da parte del Ministro della Pubblica Istruzione. Il professore riprende così la sua attività didattica presso l’ateneo piemontese, venendo inoltre nominato nel 1948 membro del Consiglio direttivo dell’Istituto giuridico.

L'anno successivo diventa presidente della Sezione torinese della SIOI (Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale) della quale è stato, nel 1947, tra i soci fondatori. Ricoprirà la carica di presidente per quattro anni fino al 1953.

Nel frattempo, nel 1950, diviene socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Torino, per poi essere promosso a socio nazionale residente nel 1953.

La carriera accademica di Giuseppe Ottolenghi volge al termine il 1° novembre 1951, con il collocamento a riposo per raggiunti limiti d’età. Nel comunicargli l’avvenuto pensionamento, il Rettore Mario Allara gli esprime “le espressioni del più vivo ringraziamento per l’opera svolta in pro della Scuola”. L’anno successivo il Consiglio della Facoltà, in segno di alto riconoscimento del magistero svolto, all’unanimità delibera di proporre la sua nomina a professore emerito, richiesta accolta dal Ministro della Pubblica Istruzione Segni. In particolare, nella lettera con cui notifica l’attribuzione della qualifica di emerito, il Ministro incarica il Rettore Allara di rinnovare ad Ottolenghi “i sensi del vivo compiacimento di questo Ministero per l’alto riconoscimento che ha coronato la Sua lunga e nobile carriera”.

Giuseppe Ottolenghi si spegne in Ceres il 31 agosto 1955. La notizia della sua morte genera grande cordoglio negli ambienti accademici: l’estremo saluto gli viene tributato da colleghi e studenti il 2 settembre presso il Palazzo del Rettorato dell’Università di Torino. I messaggi di condoglianze di ben ventisette atenei italiani giunti al Rettore Allara nei giorni successivi alla morte costituiscono la dimostrazione dell’alta considerazione di cui Giuseppe Ottolenghi godeva nel mondo accademico italiano.

 

La prolifica produzione scientifica di Giuseppe Ottolenghi fino alla Grande Guerra. 

La prima produzione scientifica di Giuseppe Ottolenghi si caratterizza per la sua appartenenza alla scuola di Guido Fusinato, suo relatore in sede di laurea ed allora ordinario di diritto internazionale nell’Università di Torino. Seguendo dunque le orme del suo Maestro, egli si dedica in prima battuta all’approfondimento del diritto internazionale privato. Del resto, questa materia desta in lui particolare interesse anche per ragioni di tipo professionale, in quanto già nei primi anni dopo il conseguimento della laurea egli esercita come avvocato nel Foro torinese.

Gli studi di Ottolenghi si dimostrano particolarmente proficui, in quanto già nel 1902 egli pubblica una monografia sull’istituto della cambiale. Nel volume, il professore dedica particolare attenzione agli aspetti internazionalistici dell’istituto, inquadrandolo nell’alveo di una ricostruzione di alcuni aspetti di teoria generale del diritto internazionale privato. Il testo riceve particolare attenzione e accoglienza da parte della dottrina a lui contemporanea, in quanto all’epoca non sussistevano ancora analisi in materia caratterizzate da un grado di profondità comparabile. L’opera è altresì preceduta da alcuni scritti minori, anch’essi attinenti a tematiche di diritto internazionale privato, i quali permettono a Ottolenghi di fare il proprio ingresso nel mondo accademico italiano. Sempre nell’alveo del diritto internazionale privato si pone lo studio del 1907 sulla frode alla legge in materia di divorzio, opera nel cui contesto l’autore ha l’opportunità di affrontare alcune importanti questioni giuridiche in materia di diritto processuale internazionale.

Agli interessi in materia di diritto internazionale privato si affiancano ben presto gli studi di diritto internazionale pubblico. Infatti, nel 1907 Giuseppe Ottolenghi pubblica un’apprezzata analisi del rapporto di neutralità tra Stati. L’opera diviene ben presto un saldo punto di riferimento nel panorama internazionalistico italiano, ricevendo un’alta considerazione in ragione della completezza e del rigore che la contraddistinguono. A completamento di questo volume, nel 1910 il docente pubblica una monografia sui diritti dei neutri, la quale riceve un’accoglienza comparabile a quella riservata al precedente lavoro.

Le monografie realizzate in questi primi anni di attività garantiscono a Giuseppe Ottolenghi un ruolo di rilievo in seno al nuovo gruppo di internazionalisti che va affermandosi in Italia, con Dionisio Anzilotti, Arrigo Cavaglieri, Prospero Fedozzi, Mario Marinoni e Tomaso Perassi. Inoltre, la sua prolifica produzione scientifica gli apre le porte della carriera universitaria, grazia anche alle prime esperienze di docenza tra Pavia e Torino. Il plauso ricevuto dalla comunità accademica porta Ottolenghi a cimentarsi con tema più complesso e altamente controverso in dottrina, alias la funzione e l’efficacia delle norme di diritto internazionale privato. Il risultato di tale studio consiste in un breve saggio, realizzato nel 1913 e pubblicato nel 1914, la cui originalità contribuisce a consolidare ulteriormente la fama e la reputazione accademica del docente torinese.  

 

Un magistero caratterizzato dall’estremo scrupolo scientifico e dalla continua ricerca.

L’attività scientifica di Giuseppe Ottolenghi riprende con rinnovato vigore al termine della Grande Guerra. Succeduto a Giulio Diena nella titolarità della cattedra di diritto internazionale alla Facoltà di Giurisprudenza, Ottolenghi dimostra una rimarchevole capacità di equilibrio tra gli impegni accademici e quelli professionali. Infatti, nonostante esercitasse da anni la professione forense e conducesse uno stimato studio legale, il professore non viene mai meno alla ricerca scientifica, continuando a realizzare opere dottrinali di indiscusso valore.

È il caso dei trattati realizzati tra il 1923 ed il 1925. Le due opere, dedicate rispettivamente al diritto internazionale pubblico ed al diritto internazionale privato, vengono periodicamente aggiornate ed arricchite dal professore attraverso le sue lezioni ed i suoi nuovi studi. I due testi costituiscono così il principale veicolo di diffusione in ambito accademico dei prodotti della sua attività scientifica, tanto che sono pubblicati periodicamente sotto forma di dispense. La lunga gestazione dei due trattati di diritto internazionale costituisce la prova più tangibile non solo della volontà di Ottolenghi di approfondire incessantemente la materia (o, come affermato da Giorgio Cansacchi d’Amelia, “la sua inappagata ricerca della verità”), ma anche del suo profondo scrupolo scientifico e del forte senso di autocritica. Sono queste caratteristiche personali che lo portano costantemente a ritardare l’uscita delle proprie opere, tanto che la versione integrale dei trattati di diritto internazionale vede la luce solamente postuma nel 1956, portando con sé un’elaborazione ed uno studio quasi trentennale.

In quegli stessi anni Ottolenghi collabora con la prestigiosa Rivista di diritto internazionale, periodico allora diretto da Dionisio Anzilotti, ove vengono pubblicate due sue nuove monografie. Si tratta, in particolare, di un saggio sulla personalità internazionale delle unioni di Stati, edito nel 1925, e di un ulteriore scritto sul principio di effettività nel diritto internazionale, apprezzati per la loro ampiezza e profondità scientifica. Oltre a tali opere è opportuno ricordare un cospicuo numero di note a sentenze pubblicate nella Rivista di diritto commerciale, apprezzate dalla comunità scientifica per il rigore e la chiarezza.

Nel medesimo periodo la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino è chiamata a collaborare in seno alla Commissione consultiva per la redazione del nuovo codice civile, emanato successivamente nel 1942. Giuseppe Ottolenghi prende attivamente parte ai lavori della Commissione, contribuendo all’elaborazione delle norme concernenti il diritto internazionale privato. Il testo in discussione all’epoca della partecipazione di Ottolenghi prevede la parità di tutti i cittadini di fronte alla legge, riprendendo i principi del codice del 1865. Tuttavia, in seguito all’emanazione delle leggi razziali (e al conseguente allontanamento di Ottolenghi dall’ambiente accademico), il testo viene modificato profondamente dal Ministro della Giustizia Arrigo Solmi: il principio di uguaglianza, alla cui formulazione Giuseppe Ottolenghi ha partecipato, è così completamente stravolto e piegato alla politica razziale del regime fascista.   

   

Il Corso di diritto internazionale pubblico ed il Corso di diritto internazionale privato: un testamento scientifico.

Ripresa l’attività di docenza al termine della Seconda Guerra Mondiale, Giuseppe Ottolenghi pubblica due ulteriori monografie: la prima, dedicata al processo di delibazione delle sentenze estere, vede la luce nel 1947, mentre la seconda, edita nel 1950, analizza in profondità il regime di occupazione bellica. Tuttavia, la maggior opera distintiva dell’ultima produzione scientifica di Ottolenghi è sicuramente costituita dalla pubblicazione dei suoi corsi di diritto internazionale. Il testo, suddiviso in due distinti volumi intitolati rispettivamente Corso di diritto internazionale pubblico e Corso di diritto internazionale privato, viene pubblicato postumo da Giappichelli nel 1956.

Il professore si dedica con estrema cura alla revisione dei due testi per lunghi anni, ultimando il lavoro poco tempo prima della morte. L’opera è considerata alla stregua di un testamento scientifico, in quanto denota in modo particolarmente chiaro i caratteri del suo pensiero. Nello specifico, le due opere dimostrano l’evoluzione del pensiero di Ottolenghi, emancipatosi gradualmente dalle concezioni anzilottiane per formulare un proprio originale pensiero, lungamente meditato e caratterizzato anche da un’acuta critica di altre opinioni dottrinali. Tuttavia, Giuseppe Ottolenghi si dimostra sempre essenziale nell’attività di critica, in quanto il suo carattere modesto e il forte senso di autocritica lo porta a non esporsi eccessivamente nella difesa delle proprie teorie o a richiamare onori e riconoscimenti. Secondo quanto riportato da Giorgio Cansacchi d’Amelia, dalla lettura dei due Corsi emerge dunque un magistero “tendente alla dogmatica, ma temperato dalla conoscenza storica, critico severo ma garbato e per nulla intransigente”.  

  

Opere

Monografie

Il regime patrimoniale dei coniugi stranieri, Roma, Società editrice laziale, 1900.

Sull'efficacia delle sentenze straniere in materia di Stato e di capacità: a proposito di una recente sentenza della Corte d'Appello di Milano, Roma, Società ed. laziale, 1901.

Sulla nullità del matrimonio celebrato fra italiani da agenti diplomatici e consolari, Milano, Società editrice libraria, 1902.

La cambiale nel diritto internazionale, Torino, Unione tipografico-editrice torinese, 1902.

Intorno ai fonti del diritto internazionale pubblico: appunti critici in ordine ad alcune teoriche della dottrina tedesca, Torino, Unione tipografico-editrice torinese, 1902.

Il rapporto di neutralità, Torino, Unione tipografico-editrice torinese, 1907.

La seconda Convenzione dell'Aja e la domanda di exequatur in Italia delle sentenze straniere di divorzio, Milano, Società editrice libraria, 1907.

Dei rapporti di pertinenza fra il diritto internazionale privato e il diritto delle genti, in Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino (adunanza del 7 aprile 1907), Torino, Clausen, 1907.

La frode alla legge e la questione dei divorzi fra italiani naturalizzati all'estero, Torino, Unione tipografico-editrice torinese, 1909.

Il diritto dei neutri secondo la 5° e la 13° Convenzione dell'Aja del 17 ottobre 1907, Roma, Tip. Unione Ed., 1910.

Gli atti della giurisdizione straniera e la loro efficacia in Italia, Milano, Società editrice libraria, 1911.

Sulla funzione e sull'efficacia delle norme interne di diritto internazionale privato, Torino, Unione tipografico-editrice torinese, 1913.

Il nuovo procedimento per l'esecuzione delle sentenze straniere, Milano, Vallardi, 1919.

Ancora sugli arbitrati e sulla proroga della giurisdizione italiana, Milano, Vallardi, 1916.

Corso di istituzioni di diritto pubblico: anno accademico 1920-1921, Torino, Castellotti, 1921.

La personalità internazionale delle Unioni di Stati, Torino, Tip. G. Anfossi, 1924.

Sulla personalità internazionale delle Unioni di Stati: appunti sulla teoria delle fonti e dei soggetti del diritto internazionale, Roma, Athenaeum, 1925.

Lezioni di diritto internazionale (anno accademico 1925-1926), Torino, Giappichelli, 1926.

Le leggi di riscatto sui prestiti germanici e la loro efficacia rispetto agli stranieri: memoria-parere, Torino, Tip. G. Anfossi, 1927.

Lezioni di diritto internazionale, Torino, Giappichelli, 1928.

Corso di istituzioni di diritto pubblico, Torino, Giappichelli, 1930.

Sulla condizione giuridica della Città del Vaticano, Roma, Athenaeum, 1930.

Lezioni di diritto internazionale, Torino, Giappichelli, 1931.

Lezioni di diritto internazionale, Torino, Giappichelli, 1933.

Lezioni di diritto internazionale, Torino, Giappichelli, 1936. Il principio di effettività e la sua funzione nell'ordinamento internazionale, Roma, Athenaeum, 1936.

Lezioni di diritto internazionale pubblico: anno accademico 1946-47, Torino, Giappichelli, 1947.

Sul regime di occupazione bellica e sull'efficacia internazionale degli atti dell'occupante, Milano, Vallardi, 1950.

Corso di diritto internazionale privato, Torino, Giappichelli, 1956.

Corso di diritto internazionale pubblico, Torino, Giappichelli, 1956.

Scritti vari di diritto internazionale, Torino, Giappichelli, 1959-1960.

 

Saggi e articoli in periodici

“Appunti di diritto internazionale sulla capacità commerciale e cambiaria”, in Archivio giuridico, 1899.

 

Bibliografia essenziale

G. BARTOLINI (ed.), A History of International Law in Italy, Oxford, Oxford University Press, 2020.

G. CANSACCHI, Giuseppe Ottolenghi, in Università degli Studi di Torino: Annuario per l’anno accademico 1955-1956, anno 552° dalla Fondazione, Torino, Tipografia Artigianelli, 1955, p. 425 et seq..

E. GREPPI, Ottolenghi, Giuseppe, in I. BIROCCHI, M. L. CARLINO (cura), Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), Vol. II, Bologna, il Mulino, 2013, p. 1474 et seq.

A. LUPANO, Scienza, conformismo politico e antifascismo nella Facoltà giuridica torinese dalla fine della dittatura alla Repubblica italiana, in M. CAVINA (a cura di), Giuristi al bivio: Le Facoltà di Giurisprudenza tra regime fascista ed età repubblicana, Bologna, Cooperativa Libraria Universitaria, 2014, p. 37 et seq..

R. MONACO, Giuseppe Ottolenghi, in Rivista di diritto internazionale, 1955, p. 322 et seq.

Accademia delle Scienze di Torino, Scheda del socio Giuseppe Ottolenghi, disponibile a: https://www.accademiadellescienze.it/accademia/soci/giuseppe-ottolenghi.

Archivio Storico dell’Università degli Studi di Torino, Fascicolo personale del Prof. Giuseppe Ottolenghi, consultato in data 5 novembre 2020.

 

A cura del dott. Lorenzo Grossio