Professore ordinario di diritto internazionale nella Regia Università di Torino
Giulio Diena nasce a Venezia l’11 ottobre 1865. Iscrittosi
all’Alma Mater Studiorum
di Bologna, consegue la
laurea in Giurisprudenza
nel 1888.
A distanza di pochi anni Diena riceve i primi incarichi
accademici. Infatti, nel
1895 è professore
incaricato di diritto
internazionale
nell’Università di
Padova, per poi tornare
in brevissimo tempo
all’Università di
Bologna come docente
della medesima materia.
Anche l’attività
accademica nella città
delle torri si rivela di
breve durata, in quanto
già nel 1897 è chiamato
all’Università di Siena
quale professore
incaricato.
Rimasto presso l’ateneo
toscano per undici anni,
durante i quali si
distingue quale
accademico raffinato ed
apprezzato, Giulio Diena
approda all’Università
di Torino nel 1908
succedendo a Guido
Fusinato, il quale aveva
rinunciato alla docenza
universitaria l’anno
precedente. Diena assume
l’incarico di professore
straordinario per la
durata di un solo anno
accademico (1908/1909),
in quanto già nel 1909 è
promosso ordinario e
titolare della cattedra
di diritto
internazionale nella
medesima Università. Il
trasferimento presso il
capoluogo piemontese
coincide con un momento
di particolare
affermazione sul piano
internazionale del
professore veneto.
Infatti, nel medesimo
anno Diena entra a far
parte in qualità di
associato del
prestigioso
Institut de droit international, del quale diviene altresì
vicepresidente per due
mandati, rispettivamente
nel 1924 e nel 1934.
Il magistero di Giulio
Diena presso la Regia
Università di Torino è
costellato da numerosi
riconoscimenti di
prestigio
internazionale. Dal 1924
al 1926 egli è membro
effettivo dell’Institut
de
droit
comparé
di Bruxelles, mentre dal
1925 entra a far parte
del corpo docente dell’Université
internationale
di Bruxelles. Inoltre,
Giulio Diena è chiamato
nel 1924 a tenere il suo
primo corso monografico
presso l’Académie de droit internationale de la Haye, trattando l’argomento
dei mandati
internazionali. Oltre
alla docenza, il
professore dedica la sua
competenza anche a
compiti di natura
civile: nello stesso
periodo egli entra a far
parte del Comitato di
esperti per la
codificazione
progressiva del diritto
internazionale della
Società delle Nazioni,
antecedente dell’attuale
Commissione del diritto
internazionale istituita
presso le Nazioni Unite.
Di quest’ultimo organo
il Diena diviene altresì
vicepresidente,
contribuendo in maniera
rilevante ai lavori
della Commissione. In
virtù della sua
pregressa esperienza in
ambienti internazionali,
egli è chiamato a
rappresentare il Governo
italiano nell’ambito
della Commissione di
preparazione delle
Conferenze di diritto
internazionale privato
dell’Aja. Sul piano
nazionale, Giulio Diena
è chiamato a far parte
del Consiglio del
Contenzioso Diplomatico
presso il Ministero
degli Esteri, incarico
che detiene fino al
1932. Per il suo impegno
civile oltre che
accademico egli viene
insignito del titolo di
Commendatore dell’Ordine
della Corona d’Italia,
nonché di Cavaliere
dell'Ordine equestre dei
Ss. Maurizio e Lazzaro.
Tra i più celebri
allievi del Prof. Diena
presso l’Università di
Torino va sicuramente
menzionato Giuseppe
Ottolenghi, il quale
diviene ben presto il
principale assistente
del professore
ordinario. Ed è proprio
l’Ottolenghi ad essere
chiamato a succedere a
Giulio Diena nel 1925,
in occasione del
trasferimento di
quest’ultimo presso
l’Università di Pavia.
Assunta la titolarità
della cattedra di
diritto internazionale
nell’ateneo lombardo,
Diena è oramai un
accademico pienamente
maturo ed all’apice
della carriera. Il nuovo
incarico come professore
ordinario costituisce
l’occasione per un
ulteriore avanzamento
del suo brillante
cursus honorum,
che lo vede acquisire
sempre maggior
riconoscimento nella
comunità accademica
internazionalista.
Subito dopo il
trasferimento, Diena
diventa socio
corrispondente del Reale
Istituto Lombardo di
scienze e lettere,
nonché del Reale
Istituto Veneto di
scienze, lettere ed
arti. Di tali
istituzioni il Diena
giunge successivamente a
ricoprire il ruolo di
membro effettivo, ad
ulteriore dimostrazione
del vasto apprezzamento
ricevuto nel consesso
accademico locale.
Anche l’attività del
Diena
in sedi internazionali
ottiene un rinnovato
slancio. Infatti, dopo
aver fatto parte della
delegazione italiana
presso numerose
conferenze
internazionali, nel 1930
Giulio Diena riveste il
ruolo di relatore della
Convenzione sui
conflitti di legge in
materia di cambiali e
vaglia cambiari,
adottata nella sessione
del 1930 della
Conferenza di Ginevra.
Forte dell’esperienza
pregressa, l’anno
successivo egli è
nuovamente chiamato a
svolgere l’incarico di
relatore presso la
medesima Conferenza,
guidando in tale
occasione le
negoziazioni della
Convenzione sui
conflitti di legge in
materia di assegni.
L’influenza di Giulio
Diena si riverbera
altresì in ambito
italiano: nel 1932 il
professore contribuisce
in modo sostanziale ai
primi lavori preparatori
della riforma del codice
civile, attività a cui
anche il suo successore
presso l’Università di
Torino, Giuseppe
Ottolenghi, è
poichiamato a
partecipare.
In ambito accademico,
oltre alla docenza
presso l’ateneo pavese
merita particolare
menzione l’ulteriore
attività di insegnamento
di Giulio Diena presso
l’Académie
de droit international
dell’Aja. Tre anni dopo
le sue prime lezioni
presso l’istituzione
olandese, nel 1927 egli
è chiamato a tenere un
nuovo corso monografico
dedicato al diritto
internazionale privato.
A quest’ultimo se ne
aggiunge un terzo,
tenuto nel 1935, il
quale affronta i
principi del diritto
internazionale privato
marittimo. I testi dei
suoi tre corsi sono
ancora oggi consultabili
nell’ambito della
raccolta Recueil
des Cours de l’Académie
de droit international
de la Haye.
Raggiunti i prescritti
limiti d’età, Giulio
Diena è collocato a
riposo dall’Università
di Pavia nel 1937.
Nonostante l’alto
prestigio, i suoi ultimi
anni sono caratterizzati
da particolare amarezza.
Infatti, pur avendo già
terminato la propria
carriera accademica,
anche Giulio Diena è
interessato dalla
repressione fascista e
dalle crescenti
persecuzioni razziali in
ragione delle sue
origini ebraiche.
Interrogato dal
Ministero
dell’Educazione
nazionale
sull’opportunità di
conferire a Diena il
titolo di professore
emerito, il Rettore
dell’Università di Pavia
Paolo Vinassa de Regny
nel 1937 esprime parere
negativo. Quale
giustificazione egli
adduce zelantemente la
mancata iscrizione
dell’ex professore al
Partito Nazionale
Fascista, condizione al
di fuori della quale
“nessuna nomina può
avvenire”. Giulio Diena
è infatti uno degli
ultimi professori
ordinari dell’ateneo
pavese a non aver
aderito al regime,
protetti dalla loro
autorevolezza e da un
atteggiamento
prudentemente non
conflittuale. Nonostante
il diniego del rettore,
l’alta considerazione
che aveva caratterizzato
il magistero del Diena
porta il Ministro a
concedergli comunque il
titolo di emerito,
motivando nel decreto
che l’unica causa
ostativa alla nomina
sarebbe stata un
eventuale addebito di
natura politica, mai
formalmente contestato
al professore.
Le ricostruzioni
storiche di quegli anni
ipotizzano che sia
proprio con riferimento
a Giulio Diena che nel
1938, anno di emanazione
delle leggi razziali, il
rettore Paolo Vinassa de
Regny chiede
delucidazioni al
Ministero in merito
all’eventuale inclusione
dei professori emeriti
nel censimento del
personale accademico “di
razza ebraica”. Pur non
disponendo il ritiro del
titolo di professore
emerito, la risposta del
Ministro invita comunque
il rettore ad escludere
tali ultimi docenti da
qualsiasi attività
accademica,
manifestazioni e
cerimonie incluse. A
seguito di tali
istruzioni, Giulio Diena
viene
de facto dimenticato dall’ateneo pavese: il suo nome compare per
l’ultima volta
nell’annuario
dell’Università per
l’anno accademico
1938/1939 tra i
professori emeriti. La
sua morte, avvenuta a
Venezia il 28 ottobre
1939, non suscita alcun
clamore nella comunità
accademica, e nessun
necrologio gli è
tributato da parte
dell’Università di
Pavia.
La produzione
scientifica di Giulio
Diena
prende avvio
nel 1891
quando, a soli tre anni
dalla laurea in
giurisprudenza, egli
pubblica uno studio
dedicato alla condizione
della vedova nel diritto
internazionale. Il volume
vede la luce in un
periodo storico in cui
la scuola accademica
internazionalistica
riflette ampiamente
sulla definizione dei
principi generali del
sistema di diritto
internazionale privato,
contribuendo dunque al
dibattito allora in
corso tra i massimi
esperti della materia.
Tale prima opera è
seguita da due
brevi
saggi in lingua
francese, pubblicati
entrambi nel 1895:
il primo analizza i
diritti di successione
del figlio nato da un
matrimonio celebrato in
Italia dinanzi ad un
console statunitense.
il secondo si concentra
invece sull’istituto
dell’estradizione per
crimini di natura
anarchica, un tema
certamente vivo anche
nell’opinione pubblica
italiana nella cd.
“crisi di fine secolo”.
Il ciclo delle prime
pubblicazioni
dell’allora professore
incaricato è completato
da una monografia sui
diritti reali nel
diritto internazionale
privato, nel 1895,
nonché dalla monografia
in diritto internazionale
pubblico intitolata
I tribunali delle prede
belliche e il loro
avvenire, stampata
nel 1896.
Come riportato da De
Francesco, Giulio Diena
appare sin da subito un
“milite valoroso, un
continuatore austero”
dell’autorevole scuola
internazionalistica
italiana,
che dimostra di saper
conservare “il
patrimonio già
acquisito, i risultati
già raggiunti […] con
criterio sano”, nonché
di “accrescere e
migliorare [questi
ultimi, ndr] con
operosità instancabile,
con dottrina sicura”.
Il plauso e
l’apprezzamento ricevuti
dalla comunità
accademica italiana
portano Diena a
cimentarsi in un’impresa
ben più ardua,
costituita dalla
realizzazione di un
trattato di diritto
commerciale
internazionale in tre
volumi. Il testo, edito
a Torino tra il 1901 ed
il 1905, costituisce un
vero e proprio successo,
venendo successivamente
premiato dall’Accademia
dei Lincei. Non si
tratta, del resto, del
primo riconoscimento
ricevuto da Diena per la
sua produzione
scientifica: la sua
precedente monografia
sul fallimento degli
stati nel diritto
internazionale,
pubblicata nel 1898,
riceve infatti nel 1907
il premio della
Fondazione Bluntschli
per il diritto pubblico
universale ed il diritto
internazionale. Il
Trattato di diritto
commerciale
internazionale viene
definito dai
commentatori dell’epoca
un’opera magistrale,
frutto di uno studio
approfondito durato ben
cinque anni, a
dimostrazione di come
Diena eccella
particolarmente nel
campo della
ricostruzione
sistematica degli
istituti. Infatti, le
monografie realizzate
dal docente si
caratterizzano per
un’analisi profonda dei
temi trattati,
analizzati sotto tutti
gli aspetti, “quasi a
voler misurare la forza
interiore degli
istituti”.
Ai testi finora citati
va sicuramente accostato
lo scritto dedicato
all’arbitrato
internazionale ed alla
sua organizzazione,
frutto di una relazione
tenuta in occasione
dell’inaugurazione
dell’anno accademico
presso l’Università di
Siena ed edito nel 1906,
nonché la monografia
intitolata
Sulla natura del diritto
dello Stato sul proprio
territorio,
largamente apprezzati
per la loro originalità.
Il profilo biografico di
Giulio Diena non può
certamente prescindere
dai suoi scritti minori,
degni di nota tanto
quanto le opere finora
richiamate. Questi
denotano viva attenzione
nei confronti delle
vicende internazionali
contemporanee all’autore
nonché di interesse per
la politica estera
italiana. Tali
caratteristiche, che
permeano l’intera
produzione scientifica di
Diena, emergono con
evidenza dai titoli dei
testi: per citarne i più
rilevanti, “I cittadini
italiani nei paesi
sottoposti al regime
delle capitolazioni”,
pubblicato nel 1907.
“L’acquisto della
Tripolitania da parte
dell’Italia e il suo
carattere giuridico
internazionale”, edito
nel 1912.
“Il blocco germanico
delle coste inglesi e i
suoi precedenti
storici”, redatto nel
1915.
“La nuova legge italiana
sulla capacità della
donna e i rapporti
internazionali” del 1920.
“La Santa Sede e il
diritto internazionale
dopo gli Accordi
lateranensi”, stampato
nel 1929.
e, infine, “La revisione
dei trattati e l’art. 19
del patto della Società
delle Nazioni”,
realizzato nel 1934. In
questi brevi scritti
Giulio Diena non si
limita ad analizzare le
vicende trattate dal
punto di vista
giuridico, ma propone
anche possibili
soluzioni e tesi. In tal
modo, egli si dimostra
un acuto e critico
osservatore della
realtà, un giurista che
vive pienamente nel
contesto internazionale
a lui contemporaneo.
La principale opera di
Giulio Diena è
sicuramente
rappresentata dai
Principi di diritto internazionale. Si tratta di una pubblicazione
in due volumi, dedicati
rispettivamente al
diritto internazionale
pubblico e privato. Il
testo ha particolare
fortuna, in quanto ne
vengono realizzate due
edizioni in lingua
italiana ed una terza in
lingua spagnola,
tradotta dai professori
Josep Maria Trias de Bes
e Josep Quero Molares
nel 1932. L’opera ha
esercitato grande
influenza tra gli
studiosi di diritto
internazionale, venendo
per lungo tempo
considerata quale
fulgido esempio di
ricostruzione
sistematica della
materia. In un contesto
allora dominato dalla
teoria del diritto
naturale – la quale
concepisce il diritto
internazionale quale
preesistente alla
comunità degli Stati e
superiore a quest’ultima
–,
il Diena ritrova invece
il fondamento
dell’ordinamento
internazionale nella
volontà degli Stati
medesimi, intesa quale
volontà diretta alla
creazione di norme
giuridiche. Proprio nel
principio volontaristico
Giulio Diena identifica
l’origine delle
consuetudini e delle
convenzioni
internazionali,
descritte quali
espressioni della
volontà generale degli
Stati e che si impongono
a loro volta sulle
volontà singole degli
attori che hanno
concorso a determinarle.
Nel sistema così
delineato, entità
giuridiche astratte
quali il senso comune
della giustizia e la cd.
“necessità giuridica”
tipiche della scuola del
diritto naturale
svolgono un ruolo
ancillare, in quanto
informano in via
indiretta l’ordinamento
internazionale.
Soffermandosi ancora sul
volume dedicato al
diritto internazionale
pubblico, va notato come
Giulio Diena effettui
una ricognizione
puntuale delle fonti
dirette del diritto
internazionale, insieme
limitato nella sua
ricostruzione alle
consuetudini ed alle
convenzioni. A queste
ultime è possibile
accostare le sentenze
dei tribunali arbitrali
e delle giurisdizioni
internazionali, ma
soltanto qualora
“consacrino norme non
ancora sanzionate dalle
consuetudini o dalle
convenzioni”. La tesi di
Diena esclude invece dal
novero delle fonti le
leggi interne e le
pronunce delle
giurisdizioni nazionali,
nonché gli atti
diplomatici e le opere
dottrinali, considerate
alla stregua di meri
“documenti”. Per quanto
concerne i soggetti del
diritto internazionale,
Diena ricomprende in
tale insieme solamente
gli Stati – includendo
anche quelli soggetti a
limitazioni di sovranità
– escludendo invece le
nazioni. Si tratta
dunque di una
ricostruzione che
riserva un ruolo
piuttosto limitato al
principio della
nazionalità, esaltato
invece e posto alle
fondamenta della
comunità internazionale
da parte di Pasquale
Stanislao Mancini.
Parimenti esclusi
dall’insieme dei
soggetti sono gli
individui, ritenuti –
non differentemente
dalla dottrina allora
prevalente – quali
“oggetti” del diritto
internazionale come lo
sono il territorio e
l’alto mare.
Piuttosto originale è la
parte dell’opera
dedicata ai diritti
degli Stati. L’analisi
di Giulio Diena giunge a
sostenere l’esistenza di
due soli diritti in capo
agli Stati, costituiti
dal diritto alla
conservazione e quello
all’autonomia e
indipendenza, la cui
origine sarebbe da
ricondursi nelle
consuetudini e nelle
disposizioni pattizie
vigenti. Gli altri
diritti fino ad allora
ricavati dalla dottrina
sono invece considerati
da Diena quali semplici
funzioni e attributi
dello Stato,
rielaborando così la
vasta letteratura che si
era sviluppata sul
punto. In materia di
riconoscimento degli
Stati, i
Principi di Giulio Diena costituiscono una delle opere protagoniste
dell’acceso
dibattito tra i
sostenitori di un valore
meramente
politico-declaratorio
dell’atto di
riconoscimento e gli
studiosi che considerano
invece quest’ultimo
quale uno degli elementi
costitutivi della
statualità. Diena
aderisce convintamente
al primo orientamento,
scontrandosi con altri
grandi nomi tra cui
Dionisio Anzilotti e
Arrigo Cavaglieri. Allo
stesso tempo, il
professore veneto si
discosta dalle più
radicali tesi di
Prospero Fedozzi e Santi
Romano, le quali negano
all’atto di
riconoscimento anche il
valore ricognitivo.
Nella redazione dei
Principi Giulio
Diena tende a tributare
degna considerazione
alle nuove teorie allora
emergenti, senza
tuttavia discostarsi in
modo decisivo dalle
grandi scuole
internazionalistiche che
lo hanno preceduto. In
tale ottica, De
Francesco afferma che i
Principi di diritto
internazionale
dimostrano più di ogni
altra sua opera le
caratteristiche
fondamentali del
magistero di Giulio
Diena: “saper conservare
il patrimonio
tradizionale ed insieme
accrescerlo e
migliorarlo con sapiente
fatica, ora di fusione
delle vecchie e nuove
teorie, queste ultime
venutesi formando
specialmente per opera
della scienza germanica.
or di selezione fra le
une e le altre.
or di costruzione
originale, prudente e
meditata”.
A cura del dott. Lorenzo Grossio